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CRAXI: UOMO CONTROVERSO, AMATO E ODIATO DAGLI ITALIANI

Bettino Craxi, primo di tre figli, nasce a Milano il 24 febbraio 1934 da padre antifascista di origini siciliane e militante nel Partito Socialista Italiano.

Grazie alla propaganda a favore del padre, nel 1948 Craxi si avvicinò alla politica per la prima volta e all’età di 17 anni prese la tessera del partito, proprio per il PSI.


In seguito all’invasione sovietica dell’Ungheria si mosse attivamente affinché il PSI si allontanasse da politica filo-sovietica. Al congresso nazionale di Venezia fu eletto nel Comitato centrale del PSI in rappresentanza della corrente autonomista di Pietro Nenni.


Il 16 giugno 1976, dopo le dimissioni di De Martino scaturite dalla sconfitta elettorale, venne eletto segretario del Partito Socialista Italiano come, inizialmente, “segretario di transizione” per guidare il partito fuori dalla crisi. Ma, inaspettatamente per molti, Craxi mostrò immediatamente le sue doti politiche, palesando di essere tutt'altro che un semplice "segretario di transizione".


Si mosse con determinazione ed energia, puntando al rilancio del partito affinché, partendo dalla sua grande tradizione, ritrovasse il suo orgoglio e il coraggio di intraprendere nuove strade, di dare inizio a quello che il segretario stesso chiamò "il nuovo corso";


inoltre, si oppose tenacemente alla politica del compromesso storico varata da Berlinguer, tendente a una sorta d'alleanza tra PCI e DC, che, fatalmente, avrebbe reso i socialisti politicamente irrilevanti. Il PSI però, per acquisire credibilità a livello internazionale e candidarsi alla guida della sinistra italiana, al pari con i grandi partiti socialisti e socialdemocratici europei, doveva liberarsi delle concezioni marxiste. Pertanto, già nei primi mesi di segreteria, ci fu l'iniziativa di un revisionismo ideologico del partito, con la rivalutazione del pensiero socialista libertario rispetto al marxismo, che culminò nel saggio scritto dallo stesso Craxi.



Anche il vecchio simbolo del partito venne modificato: inaspettatamente, proprio alle spalle della tribuna del Congresso di Torino, comparve un enorme garofano rosso, simbolo che faceva parte della tradizione socialista italiana già prima del 1917.



Il primo governo Craxi si ebbe nel 1983 e venne sostenuto dal Pentapartito, un'alleanza fra DC, PSI, PSDI, PRI e PLI. A seguire, altri furono i mandati di governo che videro Craxi impegnato in prima persona.

Importantissime da ricordare soprattutto nel campo della politica estera sono i suoi impegni e le sue prese di posizione che caratterizzavano il suo carattere politico.


Come non dimenticare la questione degli Euromissili, e in assoluto l’evento più emblematico che riguarda la crisi di Sigonella dove Craxi manifestò tutta la sua tenacia e il suo polso in merito alla vicenda. Anche in politica interna Craxi fu il fautore di importanti provvedimenti. Possiamo ricordare: il taglio di tre punti della scala mobile con il cosiddetto decreto di san Valentino; il successo sulla riduzione dell’inflazione dal 13% al 5%, d’altro lato però il debito pubblico aumentò vertiginosamente; la lotta agli evasori fiscali grazie all’introduzione del registratore di cassa e dello scontrino fiscale. Rimase "un inutile abbaiare alla luna", come lo definì Craxi stesso con amarezza, il progetto di una "grande riforma" costituzionale in senso presidenzialista, che desse maggiore efficienza in senso decisionista ai poteri pubblici italiani.



Da molti uomini politici e non, a favore delle sue idee o contrari, venne definito un precursore delle riforme costituzionali, come anche da altrettanti venne accusato di non fare il bene del Paese, accuse dovute in alcuni casi anche a causa del suo modo di porsi e del suo carattere un po’ spigoloso che divideva letteralmente il pensiero della popolazione italiana sulla sua persona politica.


Alla fine degli anni ’80 si avviò lentamente ed inesorabilmente la fase di sgretolamento del PSI e della perdita di potere, ma soprattutto perdita personale di fiducia da parte degli italiani con la sensazione da parte di alcuni di un'estrema disinvoltura tattica di Craxi, lontana dalla rimozione delle cause del dissesto del Paese e finalizzata solo ad acquisire vantaggi elettorali. La traduzione di questi vantaggi in cariche pubbliche - secondo un metodo di spartizione assai accurato e, quel che è peggio, generalizzato a tutti i livelli della vita politica – era annunciatrice, invece, di un'estremizzazione dei vizi partitici già intrinseci nell’intero sistema politico italiano senza distinzione di colore.


La caduta improvvisa, però, si ebbe con l’apertura dell’inchiesta Mani Pulite del 1992.

Craxi il 3 luglio dello stesso anno tenne il suo penultimo discorso in parlamento che divenne famosissimo e che, molto probabilmente, lo rese protagonista dell’inchiesta basata sul finanziamento illecito sotto gli occhi di tutto il popolo italiano:




“E tuttavia, d’altra parte, ciò che bisogna dire, e che tutti sanno del resto, è che buona parte del finanziamento politico è irregolare o illegale. I partiti, specie quelli che contano su appartati grandi, medi o piccoli, giornali, attività propagandistiche, promozionali e associative, e con essi molte e varie strutture politiche operative, hanno ricorso e ricorrono all’uso di risorse aggiuntive in forma irregolare od illegale. Se gran parte di questa materia deve essere considerata materia puramente criminale, allora gran parte del sistema sarebbe un sistema criminale. Non credo che ci sia nessuno in quest’Aula, responsabile politico di organizzazioni importanti, che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo: presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro.”


Come ricorda Antonio Polito sul Corriere della Sera: “Nessuno si alzò. Ma nessuno ebbe neanche il coraggio di riconoscere che si trattava di un problema politico, da risolvere politicamente. Tutti sperarono che la campana suonasse solo per Craxi”.


In realtà il processo portò alla fine della DC, del PSI, del PDS e di molti altri partiti ad esclusione del PCI, che invece cambiò veste. Bettino Craxi fu certamente una delle personalità politiche più bersagliate dal popolo in questa spiacevolissima pagina della storia repubblicana che lo additò conferendogli la veste di ladro. Ciò fu evidente con il gesto del lancio delle monetine avvenuto presso l’hotel Raphael.



La vita di quest’uomo politico amato e odiato dal popolo italiano, sia in passato che oggi, si concluse ad Hammamet, in Tunisia, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita in esilio, durante i quali soffrì di numerosi problemi di salute; quando fu colpito poi da un tumore a un rene, ci fu un vano tentativo di negoziarne il rientro in patria non andato a buon fine.



Craxi morì intorno alle 15 del 19 gennaio del 2000 per un arresto cardiaco. Fu sepolto nel piccolo cimitero cristiano di Hammamet dove si trova tutt’oggi e dove da vent’anni, ogni anno, per l’anniversario della sua morte molti uomini da tutto il mondo - ex-socialisti, uomini di partito passati e presenti, semplici cittadini e molti altri – insieme alla figlia Stefania e al figlio Bobo, si recano sulla sua lapide

per ricordarlo e commemorare quell’uomo che, per alcuni giustamente per altri no, è stato lasciato morire lontano dalla sua terra che tanto lo ha amato e tanto lo ha odiato.








Giuseppe dalla redazione di t3ADrIs









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