Dall'olio fritto alla bioplastica
- t3adris
- 26 feb 2021
- Tempo di lettura: 2 min
Un problema, quello dell’olio vegetale esausto, ancora poco recepito dalla popolazione, ma molto grave dal punto di vista ambientale «soprattutto per gli acquedotti nel trattamento di acqua e reflui urbani e per i pesci e gli altri organismi acquatici, perché l’olio crea una patina superficiale sull’acqua che inibisce il passaggio di ossigeno e raggi solari».

Basti pensare che un solo litro di olio di frittura non smaltito correttamente (quindi buttato con noncuranza, dopo una frittura casalinga, negli scarichi domestici o nel suolo) può rendere non potabile fino a un milione di litri di acqua, creando una patina superficiale che può arrivare fino a mille metri quadrati. Utilizzare l’olio di frittura esausto per produrre bioplastica naturale, biodegradabile al 100% e con le stesse proprietà termo-meccaniche delle plastiche tradizionali è una svolta nel mondo del “bio-riciclo”.
Questa la scoperta che arriva dai laboratori Bio-on, azienda bolognese attiva nel settore della bioplastica di alta qualità, che ha pensato di utilizzare come materia prima un elemento di scarto tra i più costosi in termini di smaltimento e con un alto impatto ambientale. È la prima volta che la fonte di carbonio utilizzata per alimentare il processo produttivo è di natura lipidica.
L’olio esausto di frittura, infatti, va ad aggiungersi alle materie prime già utilizzate dalla Bio-on per produrre bioplastica: melassi di barbabietola e canna da zucchero, scarti di frutta e patate, carboidrati in genere e glicerolo. Il bio-polimero che ne deriva, assicurano, sarebbe un prodotto naturale e completamente biodegradabile. La scoperta, fa sapere il Presidente e CEO di Bio-on: “è il risultato di due anni di ricerche e permette di attingere alle enormi quantità di questo prodotto di scarto, soprattutto in mercati come quello del Nord America e dell’Asia, dove il consumo di cibi fritti è elevato e la quantità di olio esausto supera, secondo una nostra stima, il miliardo di litri al giorno”.

La bioplastica naturale prodotta attraverso l’olio esausto di frittura ha le stesse caratteristiche di quella generata partendo da altri scarti o altri sottoprodotti agroindustriali, risultato possibile grazie a un sistema di trattamento cui viene sottoposto preventivamente l’olio di scarto. Rispetto alle plastiche tradizionali, le bioplastiche sono ottenute da fonti vegetali rinnovabili senza alcuna competizione con le filiere alimentari e offrono possibilità di applicazione anche in settori dove la plastica tradizionale non è utilizzata.
Plastiche, dunque, innovative, che non si trovano né in natura né sul mercato, create «utilizzando determinati enzimi per trasformare dei composti dannosi per l’ambiente come l’olio da frittura esausto».
Plastiche che peraltro probabilmente hanno un alto grado di idrolisi e biodegradabilità, anche se non possiamo ancora dire al 100% che sono biodegradabili in quanto, per certificarlo, occorrono maggiori quantità di prodotto. Da un litro di olio si producono in genere un 20-30% di plastica, dipende anche dalla qualità dell’olio, ed inoltre il residuo può essere poi utilizzato per produrre energia elettrica da usare nello stesso processo di produzione.
Antonio dalla redazione di t3ADrIs
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