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“Houston, abbiamo avuto un problema”: astronauti in pericolo!


Il lancio di Apollo 13 avviene nella primavera del 1970, e passa quasi del tutto inosservato dopo che gli astronauti, Neil Armstrong e Buzz Aldrin nell’estate del 1969 avevano compiuto il primo allunaggio con Apollo 11 a cui segue una seconda missione con l’Apollo 12 nell’autunno dell’anno stesso.

Il fatto che tre uomini venissero messi dentro un razzo alto quanto 35 piani di un palazzo e che due di loro mettessero piede sulla luna mentre uno restava immerso nel nulla e nel silenzio totale, girando attorno al nostro satellite naturale, in attesa che gli altri rientrassero, stava diventando quasi un luogo comune.

Ma stavolta qualcosa va in maniera diversa.


Jim Lovell, nel volgere il suo sguardo al di fuori del razzo, nota che del gas stava fuoriuscendo dall’astronave che avrebbe dovuto portarli attraverso lo spazio fino alla Luna. Pochi secondi dopo sentono un’esplosione sorda provenire da bordo. In quei pochi istanti di incertezza capì che, lui e il suo equipaggio (formato da Jack Swigert e Fred Haise), non avrebbero compiuto nessun allunaggio.

La missione finiva ancora prima di cominciare.

Iniziano le comunicazioni con il centro di controllo sulla Terra dove Lovell esordisce con la celebre frase “Houston, abbiamo avuto un problema”, non consapevole che poi sarebbe diventata una delle frasi più celebri delle esplosioni spaziali.

Da li in poi l’obiettivo dell’Apollo 13 cambia: non più la conquista della Luna ma riportare a casa i tre astronauti sani e salvi.


Furono necessari alcuni minuti prima di capire cosa avesse causato l’esplosione; inizialmente pensarono che un meteorite esterno avesse impattato contro il razzo, ipotesi esclusa immediatamente quando videro uno dei serbatori che perdeva ossigeno. Oltre a rendere respirabile l’aria nell’astronave, l’ossigeno era utilizzato insieme all’idrogeno per alimentare le batterie di bordo, producendo energia elettrica. Il sottoprodotto della reazione era acqua, utilizzata per i sistemi di climatizzazione dell’astronave e per le altre esigenze degli astronauti.

Un viaggio che era iniziato perfettamente si era trasformato in pochi minuti nello scenario peggiore possibile: tre astronauti si stavano allontanando a grande velocità dalla Terra su un’astronave che aveva perso una porzione significativa del proprio ossigeno.


Da qual monto in poi la NASA decide che non ci sarebbe stato nessun allunaggio e che i tre astronauti sarebbero dovuti tornare sani e salvi sulla Terra.

Il controllo missione ordina all’equipaggio di rifugiarsi nel modulo lunare e di utilizzarlo come scialuppa di salvataggio, preservando le risorse restanti del modulo di comando, l’unica parte del veicolo spaziale attrezzata per il turbolento rientro nell’atmosfera terrestre.

Al centro NASA intanto, si discutere su che traiettoria far prendere all’Apollo 13 per riportarlo indietro.


La manovra più sensata sarebbe stata quella di effettuar una versione a U, ma una manovra di questo tipo comportava non poche complicazioni. Alla fine si decide di farsi da un “ passaggio dalla Luna” andando a sfruttare l’attrazione gravitazionale del satellite stesso (tecnica usata durante il primo allunaggio nel 1969).

Il viaggio di ritorno proseguì senza imprevisti, a parte gli sbalzi di temperatura nel modulo lunare e altri piccoli imprevisti. La NASA chiese ai suoi astronauti di non usare il normale sistema per fare pipì e scaricarla all’esterno, perché facendolo si sarebbe potuta perturbare la traiettoria di Apollo 13.


l disastro scampato di Apollo 13 divenne uno degli eventi mediatici più importanti della seconda metà del Novecento.


Dalila dalla redazione di T3ADrIs


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