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La banalità del male

Il 23 maggio 1992 veniva ucciso Giovanni Falcone ed assieme a lui, la moglie Francesca Morvillo e i tre uomini della scorta: Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. Ciò che ne seguì fu lo sgomento di una Nazione e della comunità internazionale.


Perché? Perché questo omicidio?


All’omicidio ed all’orrore non ci sono miglior risposta se non il titolo del più celebre scritto di Hannah Arendt in risposta all’orrore inspiegabile della Shoah. Sì, perché è bene che per alcuni eventi non prevalga la cieca ed irrazionale rabbia (per non imitarne la infimità) né l’eccessivo ricordo (per non celebrarne la mostruosità). Tutto ciò che si può fare è prendere coscienza dei tristi fatti e cambiare atteggiamento lottando affinché essi non succedano nuovamente: “Lo dico ai responsabili: Convertitevi! Una volta, un giorno, verrà il giudizio di Dio!”; queste le parole di Papa Giovanni Paolo II ad Agrigento nel 1993, in seguito alle stragi di Capaci e via d’Amelio.


Alfio Caruso, in “Perché non possiamo non dirci mafiosi” mostra una panoramica sul comportamento che si è più o meno insinuato dentro ognuno di noi: indifferenza, omertà, illegalità, ecc. La mafia è un veleno che sa entrare in silenzio dentro la nostra vita nelle piccole cose: basta infrangere o ignorare qualche regola, girare lo sguardo, non ascoltare la nostra coscienza. “Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell'esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell'amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il proprio dovere.”: parole che risultano veritiere ed attuali anche a distanza di quasi 30 anni.


“Credo che ognuno di noi debba essere giudicato per ciò che ha fatto. Contano le azioni, non le parole. Se dovessimo dar credito ai discorsi saremmo tutti bravi e irreprensibili.”; La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine.”; L'importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza”.


In queste frasi abbiamo l’antidoto civile a questo grande male che è Cosa Nostra: non è un’arma a renderci potenti quanto la capacità di capire, scegliere ed agire. Di pensare, amare e seguire l’esempio ed il ricordo di Falcone. La vera libertà non è avere consensi o poter fare tutto ciò che si vuole ma saper essere persone per bene che fanno il proprio dovere rispondendo solamente a sé stessi delle conseguenze prodotte dalle azioni dettate dalla morale.


Giuseppe Tomasello dalla redazione di t3ADrIs



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