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Le piante nel mondo della letteratura

Oltre all’amore e alla passione, anche le piante sono state protagoniste e ispirazione nella letteratura Italiana e non solo.

Il verde, la natura e i colori dei fiori sono stati lo sfondo principale del periodo romantico, rendendo la natura il rifugio della maggior parte degli scrittori.

Nel periodo romantico la natura sembra prendere vita ed essere il punto di congiunzione tra uomo e mondo, una connessione inspiegabile.


Il simbolo della letteratura italiana e del periodo romantico in Italia è la ginestra:

Nel 1836 Leopardi si trova a Napoli da tre anni e compone la sua poesia "La ginestra" o "Il fiore del deserto" a Torre del Greco, da dove vede il Vesuvio che nel 79 d.C aveva distrutto Pompei ed Ercolano. Questa visione storica porta Leopardi a una riflessione sul presente, a una critica del suo tempo, "il secolo superbo e sciocco [...] che credeva nelle magnifiche sorti e progressive", ma anche a una nuova indagine filosofica sul tema della morte, della catastrofe, del tragico destino umano che trascende le epoche storiche e accomuna tutti. Dal componimento emerge anche l'anti-antropocentrismo di Leopardi, già presente nelle Operette Morali: l'uomo, che si crede al centro dell'universo, è in realtà soltanto una delle tante specie che ne fanno parte.


Nella quinta stanza del "La Ginestra" si sviluppa il meraviglioso paragone tra la distruzione della raffinata civiltà di Pompei ed Ercolano e delle formiche schiacciate dal cadere di un frutto a terra. Leopardi smentisce così ogni forma retorica del progresso umano. Ma di fronte a questo destino di catastrofe si annuncia un'unione di tutte le specie nella comune consapevolezza di un destino che tutte le comprende. L'uomo è destinato ad essere sconfitto nella sua guerra contro la natura. Questa può "annichilare" tutto il genere umano, e distruggere tutte le civiltà e le speranze; tuttavia la natura "matrigna" produce anche il proprio rimedio, che è incarnato nel fiore del deserto: la ginestra. Di fronte alla perdita di ogni speranza e all'impossibilità di una prospettiva per il futuro, si sparge il suo profumo: così la scrittura poetica nasce dall'apparir dell' “arido vero”, ma mantiene intatta la sua fragranza.


La poesia, di sette lunghe strofe, è la più lunga tra quelle raccolte nei "Canti" da Leopardi, ed ha come esergo un passo del Vangelo di Giovanni:


« Καὶ ἠγάπησαν οἱ ἂνθρωποι μᾶλλον τὸ σκότος ἢ τὸ φῶς. -

E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce».

(Giovanni, III, 19)



Altra pianta immersa nelle pagine letterarie è il gelsomino.

Pascoli attraverso la sua anima fanciullesca ha citato ed evidenziato la magia del profumo dei gelsomini e la loro capacità di farci sognare con il loro profumo intenso.


Il gelsomino notturno è un epitalamio incluso da Giovanni Pascoli nella raccolta "I canti di Castelvecchio" (1903), in cui egli intendeva proseguire il programma poetico già avviato in "Myricae" (1891).


La poesia descrive due scene parallele: la prima tratteggia la vita notturna in modo superficiale, durante la quale i gelsomini aprono i loro petali, evocando immagini sensuali, mentre nella seconda il poeta osserva i due sposi che, tornati a casa dai festeggiamenti, vanno a dormire a tarda notte, durante la quale il loro amore concepirà una nuova vita. Quest’ultima parte allude all’unione amorosa tra due persone, esperienza che viene a mancare nella vita di Pascoli.

La lirica si apre con una “E”, che sta a indicare una sorta di idea preesistente nella mente del poeta, che si congiunge con il componimento. L’immagine dei gelsomini (fiori notturni) viene accostata all’idea dei cari scomparsi del poeta, creando così un’antitesi tra concetti di vita e concetti di morte. La notte finisce e arriva l’alba: quest’immagine indica la nascita di una nuova vita. La figura dei petali sgualciti rimanda a un senso di morte e viene accostata all’atto del covare un nuovo essere.


Il girasole, una volta importato dal Perù, viene adottato come simbolo ornamentale e di frequente rappresentato su stoffe, inciso su metalli e forgiato nel legno soprattutto in età vittoriana e all'epoca del Re Sole. Oscar Wilde lo adopera come simbolo del movimento estetico da lui fondato, mentre nel novecento questo fiore popola i componimenti di alcuni poeti come Montale e di romanzieri come D'Annunzio. Il pittore che senz'altro fu maggiormente suggestionato dal potere evocativo del girasole fu Van Gogh nelle cui opere tale fiore ricorre di sovente.


Il tulipano selvatico simboleggia il primo amore, mentre nell'arte e nella poesia questo fiore ha rappresentato spesso l'onestà, l'incostanza, l'amore perfetto, la mancanza di discernimento. L'apparente contraddizione dei significati attribuiti al tulipano si pensa debba essere attribuita ai molteplici e contrastanti stati d'animo che vengono sperimentati durante un amore.


Questo è solo un breve excursus nel mondo delle piante e della letteratura, ma si potrebbero scrivere libri a riguardo.

Natura e poesia sono complementari: la natura è l’essenza per la poesia, e la poesia racconta la natura.



Valentina dalla redazione di t3ADrIs



Fonti:

https://www.skuola.net/appunti-italiano/giovanni-pascoli/pascoli-gelsomino-notturno-commento.html

https://www.letteratour.it/altro/A01_letteratura_e_fiori.asp


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