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Miglioramento genetico nei vegetali: le PGM che migliorano la shelf life dei prodotti

Il miglioramento genetico è un’attività dell’uomo che viene effettuata per migliorare alcuni aspetti delle piante ed è un processo relativamente veloce ed artificiale, mentre l’evoluzione è un processo lento e naturale, e persegue l’obiettivo di migliorare la fitness della specie, determinando il miglioramento delle capacità di sopravvivenza di una determinata specie in un determinato ambiente, migliorandone le caratteristiche complessive per far sì che rimanga vitale.


Tra le varie tecniche di miglioramento genetico (incrocio, selezione, mutagenesi, ibridazione somatica, genome editing e cisgenesi) ce n’è una in particolare, che è la trasformazione genetica, che ha permesso di realizzare delle piante che producono dei frutti con una shelf life particolarmente interessante.



Prima di parlare della pianta nello specifico, è bene introdurre per sommi capi il concetto di trasformazione genetica: essa è una tecnica di miglioramento genetico che si basa sulla conoscenza della struttura del DNA, sulle tecniche di modificazione del DNA stesso per formare sequenze di DNA ricombinante e sul fatto che in natura avviene scambio di DNA tra individui di phylum diversi. Quest’ultima affermazione fa riferimento al fatto che in natura, a seguito di ferite al colletto delle piante coltivate, batteri quali l’Agrobacterium tumefaciens e rizhogenes presenti nel terreno, riescono ad infettare le cellule vegetali trasferendo una porzione del loro DNA alla pianta coltivata, causando anomalie.


Partendo da questa conoscenza si è riusciti ad ingegnerizzare la porzione di DNA (chiamata T-DNA) che viene naturalmente trasferita dal batterio alla pianta, sostituendo i geni che inducono anomalie con geni di interesse per chi si occupa di miglioramento genetico.


Quello riportato sopra è un metodo di trasferimento indiretto del gene di interesse, ma possono essere anche utilizzati metodi diretti, quale il metodo biolistico, che prevede l’utilizzo di microscopici proiettili di oro o tungsteno rivestiti di DNA, che vengono poi inseriti nelle cellule vegetali.


In questo modo sono state ottenute numerosissime piante GM, ovvero piante geneticamente modificate che hanno delle caratteristiche eccezionali e che possono sostenere moltissimo l’attività agricola in tutto il mondo, con un impatto ambientale minimo.

L’esempio che riporto in questo articolo è una pianta di pomodoro GM, che è stata trasformata per rallentare i processi di senescenza dei frutti. In questo caso sono stati inseriti attraverso il T-DNA dei geni che bloccano la sintesi e l’attività delle poligalatturonasi, ovvero quegli enzimi responsabili della scissione dei poligalatturonidi, che sono i mattoncini che compongono la parete cellulare dei frutti, che donano quindi consistenza al frutto. In questo modo è stato possibile ritardare in maniera significativa i processi di decomposizione e di degradazione dei frutti.




Desiree dalla redazione di t3ADrIs


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