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Quello che non sai sulle piante carnivore

  • t3adris
  • 9 feb 2021
  • Tempo di lettura: 4 min

Il mondo dei vegetali è un mondo complesso pieno di diversità e di adattamenti che non puoi nemmeno immaginare. L’obiettivo di ogni essere vivente è evitare l’estinzione, crescere e riprodursi.

Il regno delle piante è un mondo affascinante: questi esseri viventi non sono inanimati come è facile pensare, ma sono intelligenti e umili.

Esatto, proprio così, le piante sono umili perché non cercano di contrastare la natura ma la assecondano, diventando parte di essa.


Nel parlare di piante intelligenti, non possiamo non raccontare le strategie e le furbizie delle piante carnivore. Esse sono un mondo affascinante del regno dei vegetali e non smettono mai di stupirci!


Per iniziare, vi presenteremo l’icona del mondo vegetale “carnivoro”: La Dionea (Dionea Muscipula).


Il nome del genere deriva da Διωναῖα Diōnâia, epiteto di Afrodite, la dea greca dell'amore e della bellezza. Il significato è "colei che è nata da Dione". Inteso nel senso che una preda viene attratta da un aspetto piacevole ma, una volta catturata, è soggetta ad una misera fine.


Charles Darwin la definì come "una delle piante più meravigliose al mondo".

Grazie alla sua capacità di compiere rapidi movimenti tigmonastici e alla forma delle foglie, che ricordano una bocca piena di denti acuminati, è col tempo divenuta la pianta carnivora per antonomasia. La Dionea è originaria del Nord America.


È diffusa e conosciuta sia per la singolarità di mangiare insetti che per la facilità di coltivazione. Le foglie solitamente sono verticali e alte oppure sono distese sul suolo e sono più corte: alla loro estremità c’è l’apparato sofisticatissimo per la cattura, formato da 2 pagine fogliari che sono simmetricamente unite e munite di "denti" piccoli e morbidi sul bordo, i quali sono capaci di evitare che la preda fugga. All'interno ci sono sei sensori, piccoli e simili a dei peli trasparenti, che fanno chiudere la trappola di scatto solo se sono sfiorati o stimolati. Affinché la trappola scatti, devono essere stimolati almeno tre sensori su sei. La pianta si nutre assorbendo e digerendo le sostanze dell'insetto, cioè solo le zone molli, lasciando l'esoscheletro intatto. Inoltre, quando la preda catturata è troppo piccola e non succosa, la pianta la lascia andare, e chiaramente il piccolo insetto sarà capace di uscire dalle larghe foglie dentate.



Salutiamo la nostra amica Dionea per incontrarne un’altra, non poco affascinante: La Nepente. (Nepenthes burbidgeae)


Il suo nome deriva dal greco antico νη- ne "non", e πένθος pénthos "dolore" e fa riferimento a un episodio dell'Odissea, in cui una regina egizia porge ad Elena un "nepenthes pharmakon", un farmaco che lenisce il dolore tramite la cancellazione dei ricordi. Il nome Nepenthes fu attribuito da Linneo, poiché egli immaginava come un botanico, che dopo un lungo e travagliato viaggio nel sud-est asiatico avesse trovato questa stupefacente pianta nel suo habitat naturale, si sarebbe sentito ripagato di ogni sforzo e tutti i suoi affanni sarebbero stati dimenticati, come successo ad Elena.


Sono piante originarie di ambienti tropicali asiatici e di alcune aree del Madagascar e dell'Australia. In natura si presentano sotto molteplici aspetti a seconda della specie, tutte caratterizzate dal particolare ascidio: ne esistono a forma di becher e di caraffa, di bicchieri per vino dal collo stretto e di flutes da champagne lunghi e sottili.


Il genere Nepenthes include circa 170 specie, principalmente terrestri, raramente epifite. Le piante consistono di uno stelo lungo fino a 15 m, di circa 1 cm di diametro. Lungo lo stelo sono posizionate foglie alternate, la cui nervatura centrale si estende oltre l'apice formando un viticcio. Il viticcio termina con una trappola.


Esse attirano gli insetti grazie alla fragranza del loro nettare; questi scivolano poi sulle pareti dell’otre, rese ancor più pericolose dalla presenza di una superficie cerosa che ostacola l’adesione delle zampe degli insetti, annullando ogni possibilità’ di scampo. Non appena un insetto cade nel liquido, dibattendosi per non affogare, provoca uno stimolo sulle ghiandole presenti lungo le pareti dell’otre, le quali cominciano a secernere una sostanza digerente. Si tratta di un acido talmente potente da ridurre una mosca in un involucro vuoto in qualche giorno, mentre un moscerino può sparire anche in poche ore.



Per ultima, ma non per importanza, faremo conoscenza con la: Drosera Capensis.


La Drosera Capensis si caratterizza per avere una metodologia di cattura delle prede piuttosto curiosa e complicata.

Infatti, le foglie della Drosera Capensis si caratterizzano per avere un gran numero di tentacoli, alla cui parte più estrema possiamo trovare una sostanza dal carattere gelatinoso e vischioso, che permette di intrappolare agilmente la preda e poi di digerirla.


La Drosera Capensis arriva dalla parte meridionale del continente africano e può svilupparsi fino a raggiungere un'altezza pari a 30 centimetri.


D. Capensis produce foglie dalla forma lineare, lunghe fino a 15 cm e larghe 1 cm, che, come in tutte le specie di Drosera, sono ricoperte di tentacoli vivacemente colorati (tali da sembrare attraenti) che presentano una specie di colla alle loro estremità con la quale catturano insetti. Quando l'insetto viene catturato, la foglia si arrotola per tigmotropismo: questo aiuta la digestione portando più ghiandole digestive, che si trovano nella regione centrale della foglia, a contatto con la preda. Al termine del processo digestivo la foglia torna a srotolarsi. Normalmente resta in vita ma se l'insetto era di dimensioni maggiori delle prede abituali (moscerini, zanzare) la foglia si secca e viene subito ricostituita.




Articolo a cura di Valentina Formica



Fonti:

https://www.giardinaggio.it/piante-grasse/piante-carnivore/pianta-carnivora-dionea.asp#ixzz6lGVVvu5X


 
 
 

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